Qui TEATRO STABILE DI STRADA® fino a settembre 2011.
TEATRO STABILE DI STRADA® da ottobre 2011 in poi è su: http://twitter.com/stabiledistrada
e http://teatrostabiledistrada.blogspot.com
TEATRO STABILE DI STRADA® è atto politico ed artistico che consiste nella circuitazione su strada, autonoma organizzata e frazionatamente stanziale, dei medesimi spettacoli proposti dall'attore Marco Gobetti nel sistema teatrale esistente; o di pubbliche azioni e testi interpretati che potranno poi svilupparsi ed accadere all'interno del sistema.
TEATRO STABILE DI STRADA® avviene ogni qual volta l’attore replica uno spettacolo in strada e a cappello nei modi seguenti:
- nello stesso luogo
- alla stessa ora
- per più di due giorni consecutivi
Ogni spostamento e ricostituzione di TEATRO STABILE DI STRADA® sono segnalate per via telematica (internet e e-mail) al potenziale pubblico e agli organi di informazione.
Si intende in questo modo contaminare il sistema teatrale. All’offerta commerciale dei propri spettacoli presso i circuiti esistenti (con la propria Compagnia e non solo), l'attore affianca la replica auto-gestita dei medesimi spettacoli per la strada, secondo il principio della stanzialità frazionata.
Durante le stanzialità, l’attore di TEATRO STABILE DI STRADA® vive dei soldi ricavati a cappello e dell’eventuale ospitalità da parte del Comune in cui va a fare spettacolo. Per esistere TEATRO STABILE DI STRADA® chiede quindi ai Comuni un aiuto essenziale, nello spirito di un mecenatismo illuminato, non sperperante e dedicato a un teatro che risponda innanzitutto al bisogno forte degli uomini che lo fanno (attori e pubblico). In mancanza di ospitalità (vitto e alloggio o solo alloggio) da parte del Comune, l’attore replicherà lo spettacolo per i giorni di sopravvivenza: cioè per tanti giorni quanti riuscirà a mantenersi con i soldi ricavati a cappello nella stanzialità in atto o residui della stanzialità precedente. Prima di superare detto limite, si sposterà. (continua...) dal Manifesto di TEATRO STABILE DI STRADA®
(...) Urge compiere atti politici, nel senso più antico e nobile del termine, quello che non rinnega “pòlis” come etimo e che ha tanta parentela con il termine “comunicazione”.
“…Il sociale è il rapporto vivo, bidirezionale scena-platea e viceversa.
Quindi: avvenimento, imprevisto, improvvisazione, continua evoluzione dello spettacolo.
Non soltanto rappresentazione: favola, modo di essere…” “Essere ascoltati: una conquista, non un presupposto, tanto meno un diritto”, scriveva ancora Gian Renzo Morteo.
Occorre davvero iniziare a fare teatro ovunque, recuperando il gusto dell’avventura. Mettersi a nudo e in difficoltà, miscelando con attenzione coraggio, sana incoscienza ed umiltà. Occorre cercare disordini intelligenti e serpeggianti. Occorre che ciascuno di noi plasmi il suo teatro – non solamente, ma anche – in funzione della politica contaminante che sceglie di attuare nei confronti del sistema teatrale, dal quale, così facendo, sarà indispensabile non estraniarsi.
Non basta più solo plasmare contenuti e linguaggi, servono azioni concrete: in luoghi precisi. “Chi va fabbrica il Dove” , mi scrisse una spettatrice sul quaderno che lascio a disposizione del pubblico durante le repliche del mio Teatro stabile di strada®. Quella persona ha capito tutto: basta andare. Trovato il dove, saranno proprio i contenuti e i linguaggi che tanto più ci permetteranno il “come”, quanto più saranno elastici e disposti ad “avvenimento, imprevisto, improvvisazione, continua evoluzione dello spettacolo”.
Durante le stanzialità parlo molto con gli spettatori, perché finita ogni replica preparo un caffè in una grande moka e lo offro insieme a dei biscottini. Tutto ciò fa parte dell’atto politico. E’ politico sedersi per la strada con gli spettatori a bere un caffè. E’ politico da parte degli spettatori lasciare non solo commenti, ma anche indirizzi e-mail per essere informati sulle future stanzialità e sulla mia attività teatrale. E’ politico da parte mia lasciare le cartoline informative con il manifesto del progetto e il mio indirizzo e-mail. E’ politico e sommamente contaminante che chi ho conosciuto come spettatore per la strada, informato via e-mail, sia poi venuto a vedere un mio spettacolo in teatro in compagnia di amici; o che gruppi di persone sia dopo repliche in teatro che per strada, a fine spettacolo mi abbiano avvicinato dicendo che li aveva mandati il tale che mi aveva visto durante una replica in strada. E’ politico e vitale che con alcuni spettatori sia nata una vera e propria corrispondenza via e-mail o che altri spettatori abbiano scritto del progetto sui propri blog personali, diffondendolo sul web.
Con il mio nuovo pubblico ho scoperto l’ennesima pentolata di utile acqua calda: lo spettacolo dal vivo siamo noi. Noi uomini e donne, ogni volta che ritroviamo libertà, sfruttando una qualunque possibilità di sognare e pensare, comunicando. Noi cittadini, non importa se attori, musicisti, danzatori, mimi, registi o spettatori. Noi abitanti della pòlis, non schiavizzati da alcun sistema. (...) Marco Gobetti, da "I cittadini e il teatro"